A EDOARDO

A EDOARDO
Alghetta, Lucentina e il coraggio ritrovato

Carmela Arcidiacono

– Mamma! Questo buio mi fa tanta paura. Accendi la lucina blu?

– Papà! C’è il temporale. Che batticuore ! Che lampi ! Che tuoni ! Se mi nascondo sotto le coperte, non ci sarà più pericolo?

– Papà! Quel signore un po’ strano che abbiamo incontrato per strada parlava e rideva da solo, non era come te, era “diverso”. Mi ha fatto un po’ paura, un pochino soltanto. Perché si comporta così?

– Mamma! Oggi mi hai lasciato troppo solo, non arrivavi più e se anche con la nonna mi diverto, dopo un po’ che non ti vedo mi viene tanta malinconia. Non mi abbandonerai vero?

– Senti mamma, ci devo proprio andare dal dottore? Non succederà come a Martina che è andata all’ospedale e poi non è più venuta all’asilo e quando la maestra ce l’ha detto, ieri mattina, era molto triste?

– Papà! Ho visto una cosa brutta alla televisione che mi ha spaventato! Perché muoiono anche i bambini? Non sono mica vecchi loro! C’erano bambini con lo zainetto in spalla ma non andavano a scuola. E quelli che erano sulla spiaggia non mi sembravano felici di stare lì, non giocavano in riva al mare come facciamo io e te d’estate col secchiello e la paletta. Avevano paura e piangevano. Che cosa li ha spaventati così tanto?

Edoardo , biondo, occhi blu, faccina paffuta attira baci e sorriso da far sciogliere un intero ghiacciaio, da un po’ di tempo faceva alla mamma ed al papà un’infinità di domande sulle sue paure, e pensare che è un bambino sereno e tranquillo, ma la naturale curiosità e i suoi cinque , piccoli anni che lo portano alla scoperta del mondo, incominciavano a fargli venire spontanee tante domande e , tra queste, quelle sulle sue infantili, ma concrete, paure. Mamma e papà non le sottovalutavano. Sapevano che un bambino senza paure è un’illusione negativa e che non si cresce e non si diventa grandi senza provare inquietudini ed apprensioni. Sapevano che questo sentimento si può vincere a poco a poco con l’aiuto di tutti e di tante cose , anche di quelle brutte .
Mai avrebbero usato l’uomo nero , il lupo cattivo o la strega per farlo star buono come si faceva un tempo perché sarebbe stato come giocare pericolosamente con l’emotività del loro bambino.
Per fortuna c’è in tutti i genitori ( o quasi tutti) quello che si chiama buonsenso che è un tutt’uno con l’amore che provano per i loro figli. E così amore e buonsenso suggeriscono a mamma e papà il modo per aiutare Edoardo a crescere , ad avere fiducia in se stesso, a diventare più forte e… coraggioso, ” usando” proprio le sue infantili paure.
Alla sera , cercando belle fiabe della buonanotte da raccontare al loro piccolo, mamma e papà non dimenticavano le sue domande, soprattutto quelle sulle paure, e , di tanto in tanto, ne inventavano una proprio su questa emozione . Inventavano, sì . Perché le fiabe classiche, pur bellissime e nella tradizione dei racconti serali, sono piene di cose strane : un po’ allegre, un po’ paurose, un po’ troppo incomprensibili per i teneri cinque anni di Edoardo.
Cosa possiamo dire, ad esempio, di Cappuccetto Rosso che viene mangiata dal lupo? O di Pollicino che viene abbandonato nel bosco? O di Hansel e Gretel che vengono rinchiusi in una gabbia dalla strega? E che brividi con Barbablù, fiaba in cui Perrault anticipa storie moderne e fin troppo frequenti. Hanno tutte un lieto fine ma quanti “reati” vengono commessi prima del fatidico…e vissero felici e contenti: Sequestro di persona…Abbandono di minore…Tentato omicidio…
E così mamma e papà ne inventavano di nuove, meno fiaba e più racconto, aiutati dalla quotidianità della vita, che di paure non ne risparmia , mediandola saggiamente con lo scopo di aiutare il loro bambino a capire che, se c’è la paura, c’è anche il coraggio che la vince, sempre, immancabilmente.
Eccone una.
E’ quella della sera in cui Edoardo aveva incontrato la triste realtà dei migranti affacciati sullo schermo del televisore con tutta la drammaticità incomprensibile per un bimbo così piccolo. Ne era nata una storia con un po’ di triste realtà e tanta , positiva fantasia per arrivare ad un lieto fine pieno di significati .

“Quel giorno a scuola era successa una cosa veramente interessante per Edoardo. La maestra Camilla, la “signorina Dolcemiele” della sua scuola materna, era entrata in classe con una bambina per mano, proveniva dalla Somalia, era piccola, esile , solo i capelli erano tanti ma così tanti che Edoardo non riusciva a vedere bene il suo viso. E poi erano talmente a riccioli che sembravano una nuvola, come quella che spesso disegnava sul suo album. Veramente lui le nuvole le colorava di azzurro ma quei capelli erano così neri che per colorarli avrebbe dovuto usare il suo colore “non” preferito: il pastello nero. Adesso che ci pensava più attentamente anche il viso della nuova compagna era scuro, come la cioccolata al latte – quasi fondente- che tanto gli piaceva. Aveva visto immagini di bambini con la faccia di colore diverso dal suo ma così da vicino , proprio mai e la sua infinita curiosità era in quel momento la “curiosità perfetta” cioè quella che in ogni bambino diventa strumento per salire, giorno dopo giorno, le scale della consapevolezza e della conoscenza. Il nome della nuova compagna era Maisha. Che nome simpatico ! Gli ricordava quello del suo cartone animato preferito quando era piccolo e guardava, incantato, le buffe storie di Masha e Orso. Ecco Masha e Maisha . Proprio due bei nomi! Era sicuro che sarebbero diventati amici. Ma come farla sorridere? Quel visino, cioccolata al latte-quasi fondente- , era tanto triste!
Edoardo era un gran sognatore. Gli piaceva, più che parlare, pensare, ed era bravo ad inventare storie fantastiche che, per ora, teneva tutte per sé . Un giorno , non lontano, sarebbe diventato un amabile scrittore perché chi fantastica e inventa storie da piccolo ha questo meraviglioso destino.
Quella sera era piovuto tanto ed anche il temporale era stato più “rumoroso” del solito e così per sentirsi al sicuro, si era rifugiato sotto la solita capanna fatta con le lenzuola del suo lettino ed aveva incominciato ad inventare una nuova storia, ma il Mago Sabbiolino, come ogni notte, era arrivato a chiudere i suoi occhi blu come il mare e così la storia si trasformò in un sogno.
Un gran bel sogno.
Ad essere sinceri, all’inizio proprio bello non era.
Sognò Maisha che viveva in Africa, felice con la mamma , il papà e il fratellino Yusuf . Lei amava disegnare il mare con tanti pesci, le stelle marine , i coralli e qua e là tratteggiava anche qualche personaggio fantastico : sirenette, pesciolini d’oro, stelline parlanti, ostriche fatte a scrigno piene di perle. Maisha, quasi ogni giorno, andava sulla spiaggia per giocare e ammirare le onde che si rincorrevano con le loro creste di spuma bianca. Si perdeva a guardare l’immensa distesa d’acqua e sognava un giorno di poterci navigare sopra su una bella nave, con la sua famiglia e i suoi amici Tanisha e Chewe.
Quella mattina faceva tanto caldo a Marka , più del solito. Era appena iniziato il mese di maggio e Maisha si ritrovò sulla spiaggia con tutta la sua famiglia. Che strano! Pensò . Non c’erano sorrisi, amici, giochi, né la bella nave sognata. C’era una barca brutta, piccola con tante persone sopra. Tutte tristi. Specialmente i bambini. Stretti l’ uno all’altro . Maisha guardava il volto dei suoi genitori e vi leggeva paura, paura, tanta paura. Yusuf piangeva. Che strano! Era sempre così felice di camminare sulla sabbia, cercare conchiglie e sassolini colorati, far volare l’aquilone di carta velina , correre incontro al mare e parlare con i pesciolini Nemo e Dory, che, nonostante il cartone animato che tanto amava, abitavano realmente nell’Oceano Indiano che si stendeva infinito davanti a lui .
Faceva freddo invece quella terza notte sul mare. Quel mare che Maisha aveva tanto amato ora non le piaceva più. Sembrava volesse inghiottirla con un’enorme bocca nera.
E’ bastata quell’onda malvagia a farla cadere nelle acque buie! Andava giù , sempre più in fondo e la paura era così forte che tremava, non solo per il freddo.
Ma la magia, l’incanto e la sorprendente voglia di vivere che non lascia mai i bambini e li sostiene nei momenti più terribili , erano lì , in fondo a quel mare buio, nero, minaccioso. All’improvviso, il fondo marino, diventò lucente, come se il sole fosse sorto al contrario. Una luce calda e rassicurante le mostrò un mondo di straordinaria bellezza. Là nell’acqua profonda del mare, non più cattivo, c’erano tutti i personaggi fantastici dei suoi disegni : le stelline erano così luminose che sembravano le luminarie dei giorni di festa, i pesciolini d’oro guizzavano e rischiaravano il fondo marino con le loro squame fosforescenti e le perle luccicavano come piccole lune, ma la cosa più sorprendente fu l’apparizione di Alghetta , la fata marina, capace delle più incredibili magie con la sua bacchetta di prezioso corallo rosso. Al suo passaggio tutto si rischiarava e i rami dei coralli fiorivano come i rossi ciuffi di metrosideros che sbocciavano nel giardino di zia Dafina a primavera. Ora Maisha non provava più quella terribile paura .
Lucentina, una stellina marina d’oro e d’argento con cinque manine sulle cinque punte, le stava sempre vicino, l’accarezzava e le regalava luce e coraggio. Perché al buio il coraggio è più difficile da trovare mentre la luce ci rassicura e le cose che ci circondano non assumono aspetti strani , ostili e spaventosi.
A poco a poco la bambina capiva che tutti quegli strani personaggi erano lì vicino a lei e soprattutto erano lì per lei , per aiutarla, per farle coraggio, per renderla capace di affrontare e superare il pericolo e risalire in superficie sana e salva. Ma la sorpresa più sorprendente per Maisha fu l’arrivo della Sirenetta in persona “dalla pelle chiara e delicata come un petalo di rosa e dagli gli occhi azzurri come un lago profondo”. Era proprio lei, la sirena della fiaba di Andersen che nonna Adenike le raccontava una sera sì e una no. Tutto intorno “l’acqua diventò azzurra come i petali dei più bei fiordalisi e trasparente come il cristallo più puro”. Ed ecco un’altra magia della fata del mare… Spiny, un cavalluccio marino tutto giallo, la fece salire su di sé e mentre nuotava con lei in groppa verso la superficie, la incitava ad avere coraggio, a non arrendersi. Era buffo Spiny ed anche goffo ma le sue pinne si muovevano veloci come eliche e la riportavano sempre più su. Alghetta , con la sua voce dolce le infondeva fiducia , le diceva di credere nelle sue forze e le ripeteva all’infinito: coraggio, coraggio, coraggio!
Lucentina le ballava intorno spargendo scintille di luce come centomila zecchini d’oro e d’argento gettati a manciate nell’acqua e le sussurrava : coraggio, coraggio, coraggio! Ormai Maisha non era più nel profondo del mare: stava risalendo circondata dai suoi nuovi amici, guidata da uno splendente raggio di sole ritornato lassù in un cielo limpido,chiaro,azzurro come i fiordalisi.
–Ciao Lucentina, ciao Alghetta, ciao Spiny, ciao Sirenetta, ciao amici ! State tranquilli : la paura è sparita! Non vi dimenticherò mai e poi mai!
– Ciao Maisha! Ricordati che per te ci sarà sempre una luce che si accenderà quando ne avrai bisogno. Ormai sei diventata una bambina coraggiosa e saprai cavartela da sola.
Eccola di nuovo sulla barca, con mamma e papà. Non le appariva più così piccola e brutta e le persone che stavano ancora appiccicate l’una all’altra sembravano quasi felici perché laggiù, tra i colori di uno splendido arcobaleno, c’era la riva , una nuova terra, una nuova vita, con tante mani buone che li soccorrevano con gesti di sincera solidarietà.
Gli amici del mare l’ avevano accompagnata fino alla superficie facendo sparire la paura con la loro vicinanza , le parole più belle e rassicuranti, con l’amore e l’amicizia indispensabili per trovare il coraggio che Maisha di sicuro aveva in sé ma che non sarebbe mai stata capace di scoprire da sola.
Gli amici della terra l’avevano afferrata e riscaldata non solo con le coperte dorate ma anche con la solidarietà dei loro cuori buoni . Maisha, Yusuf, Tanisha e Chewe si ritrovarono in un allegro girotondo , come quelli che facevano sulla spiaggia di Marka, finalmente felici e liberi .”

_Sveglia, piccolo mio! Devi aver fatto un bel sogno per dormire ancora così profondamente!

_ Sì, mamma. Ho fatto un sogno prima brutto ma poi bellissimo. Un giorno te lo racconterò ma prima lo voglio raccontare a Maisha per farla finalmente sorridere.

Mezza fiaba, mezza realtà , questo racconto è per te , Edoardo, per farti capire che serve anche la paura per crescere e che tutti l’hanno provata e in tanti superata. Ci riuscirai anche tu, piccolo, biondo bambino dai meravigliosi occhi blu spalancati sulla vita!

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